I disturbi alimentari sappiamo essere oggi ampiamente diffusi. Anoressia e bulimia colpiscono soprattutto ragazze in età adolescenziale e giovani adulte, ma oggi, sempre più spesso, anche ragazzi. Sempre più numerose sono anche le persone che iniziano ad affrontare “il problema” in età adulta. I disturbi alimentari rappresentano un “modo di comunicare” una sofferenza, ed è grande il dramma che vivono le persone che ne sono colpite; è altrettanto importante non dimenticare la sofferenza sperimentata dai famigliari. Ed è proprio sul ruolo della famiglia che vorrei soffermare la mia attenzione.
I genitori di persone con disturbi alimentari, generalmente, sperimentano forti sensi di colpa per i problemi dei figli, si sentono genitori inadeguati e avvertono la forte necessità di fare qualcosa per aiutarli; non sempre però, i tentativi adottati, risultano efficaci.
Ad esempio, quando in una famiglia si affronta il disturbo alimentare, molto spesso i genitori, nello svolgimento delle funzioni di cura, si attivano in maniera molto protettiva nei confronti dei figli; altre volte accade che, i genitori, sentendosi particolarmente responsabili nei confronti dei figli, diventano ipercontrollanti ed iniziano ad affrontare “di petto” i problemi; simili comportamenti risultano facilmente comprensibili considerando i tentativi spesso inutili attuati dai genitori per aiutare i figli e i sensi di colpa che frequentemente caratterizzano i loro vissuti; entrambi questi tipi di reazioni possono contribuire al mantenimento del disturbo alimentare. Altre volte, invece, i genitori, per aiutare i figli a modificare i comportamenti patologici, utilizzano strategie controproducenti; è il caso, ad esempio, dei genitori che forzano la figlia a cambiare quando essa non è ancora motivata a farlo.
E’ pertanto importante, per un genitore, riflettere sul proprio modo di interpretare il ruolo di cura e imparare a concedere maggiori spazi ai figli affinché possano gestire più autonomamente i problemi e le scelte di vita. Cosa non semplice, è vero, ma la cosa più importante, il contributo fondamentale che un genitore può dare per aiutare i figli che soffrono di un disturbo alimentare, è quello di “sapersi mettere in discussione”, trovare la forza di dire a se stessi “proviamo anche noi a cambiare qualcosa, se funzionerà o meno non lo possiamo sapere a priori, ma l’importante è provarci”. L’aiuto di professionisti preparati in questo campo può senz’altro essere utile per capire che cosa cambiare e quale strada percorrere per tentare il cambiamento.
Sarebbe importante per me, condividere all’interno di questo spazio nel nuovo sito, le esperienze di chi ha vissuto in prima persona questi problemi come genitori o come figli con disturbi alimentari.