In questo articolo vorrei parlare di alcuni meccanismi che possono aiutarci a capire meglio le difficoltà di controllo del comportamento alimentare che si osservano nelle persone con disturbi alimentari quali bulimia, obesità e binge eating disorder.
Innanzitutto possiamo considerare questi disturbi come forme di “dipendenza” dal cibo, le condotte alimentari che li caratterizzano, infatti, rappresentano comportamenti quasi del tutto irrinunciabili nonostante i pazienti siano consapevoli dei danni che essi arrecano all’organismo. Una prima considerazione quindi è questa: essere consapevoli di un problema e dei danni che esso può arrecare spesso non è sufficiente per vincere il problema stesso. E allora quali sono le forze che governano questi comportamenti?
Ovviamente non voglio sostenere che la “consapevolezza” non serva a nulla, anzi, tutt’altro, sto solo affermando che molto spesso non è sufficiente. E allora cosa dobbiamo cercare per capire?
I principali contributi della psicologia per aiutare le persone che soffrono di tali disturbi provengono dalla scuola cognitivo-comportamentale ai quali si sono aggiunti, più recentemente, i contributi della scuola sistemica, centrati sul funzionamento famigliare.
Vorrei qui portare l’attenzione sui recenti sviluppi della ricerca nell’ambito delle neuroscienze. Molto interessante uno studio sulla “fame visiva” (Spence et al. 2015), dove si mette in luce il ruolo del sistema visivo nella ricerca del cibo e quindi per la sopravvivenza della specie; la ricerca del nutrimento è essenziale e la vista gioca un ruolo centrale insieme ai sistemi attenzionali, del piacere e della ricompensa. Quindi non sorprende quanto sia importante l’aspetto attraente dei cibi sulle nostre risposte di piacere; esiste anche un detto, ossia che “noi mangiamo prima di tutto con gli occhi” a conferma di ciò.
Altri studi hanno messo in evidenza come nei soggetti obesi, a differenza di chi non lo è, si assiste ad un incremento dell’attivazione neuronale in risposta ad immagini di cibo rispetto ad immagini di altro tipo; tale risposta appare particolarmente sensibile ai cibi più calorici e le aree cerebrali implicate sono quelle associate ai processi della ricompensa e delle emozioni. Molto interessanti sono quegli studi che hanno messo in evidenza come, sempre nei soggetti obesi, si assista ad una risposta neuronale maggiore nelle aree associate con “l’anticipazione della ricompensa”, come se si creassero delle aspettative che fanno poi agire (una sorta di “bramosia anticipatoria”). Sempre per quanto riguarda i soggetti obesi, si è osservato una maggior sensibilità ad immagini del cibo anche in condizioni di sazietà. Per quanto riguarda i soggetti che soffrono di bulimia o binge-eating disorder , alcuni studi hanno dimostrato un incremento dell’attivazione neuronale in risposta ad immagini di cibi piacevoli.
A questo punto ci si può chiedere che ruolo possa avere l’esposizione continua e regolare ai “cibi virtuali” sui nostri meccanismi della fame, considerando che tutti noi siamo costantemente bombardati da programmi televisivi di cucina e da immagini di cibi in Internet.
Ovviamente nell’ambito delle neuroscienze sono emersi anche altri risultati interessanti ma già dai dati qui riportati si possono trarre alcune riflessioni.
Innanzitutto, esistono tanti meccanismi che agiscono dentro di noi fuori dall’ambito della consapevolezza e che possono avere un ruolo importante nel determinare i nostri comportamenti e le nostre abitudini, a tal punto che si può legittimamente parlare di “abitudini iperapprese”. Queste abitudini sono come dei solchi molto profondi, scavati nel nostro cervello, dai quali è difficile uscire se non cercando strade alternative. Talvolta può risultare inutile lottare contro queste abitudini, mentre può essere più funzionale creare delle abitudini nuove, in grado, gradualmente nel tempo, di soppiantare quelle vecchie.
Può essere questo il motivo per cui risulta difficile, talvolta, liberarsi completamente di certe abitudini disfunzionali?
Sicuramente rimangono molti dubbi ma credo che questa chiave di lettura possa essere particolarmente interessante; sono tanti i meccanismi di funzionamento cerebrale che avvengono sotto la soglia della coscienza e che guidano i nostri comportamenti, non possiamo assolutamente dimenticarcelo altrimenti si correrebbe il rischio di cercare solo nell’ovvio.