La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e oggi sono tante le persone che ne soffrono. Uno dei primi sintomi che si osserva nelle fasi iniziali della malattia è la perdita della memoria. Generalmente la persona che ne soffre dimentica dove lascia gli oggetti, non ricorda ciò che le viene detto oppure quello che deve fare. Altre manifestazioni iniziali della malattia sono il disorientamento temporale, la ripetitività dell’eloquio, la difficoltà nel recupero dei nomi (di oggetti o di persone). Tutto questo si accompagna ad una graduale perdita dell’autonomia con difficoltà nell’assunzione dei farmaci, negli spostamenti fuori casa, nella gestione del denaro oppure nella cura della persona e della casa; la demenza, quindi, pone l’individuo in una condizione di particolare fragilità e dipendenza.
I famigliari che affrontano i cambiamenti legati a tale patologia sono chiamati ad un grande sforzo di adattamento. Per affrontare al meglio questi cambiamenti è importante che la famiglia sia “attrezzata” ossia in possesso delle necessarie informazioni sulla patologia e sul come fare a relazionarsi nel modo più efficace con il paziente.
Cerchiamo, allora, di considerare ciò che può essere di aiuto a tutti coloro che si trovano ad affrontare, magari da soli, le difficoltà che la demenza comporta; per fare questo, occorre, innanzitutto, sgomberare il campo dall’idea che possano esistere soluzioni preconfezionate ai problemi o soluzioni ideali agli stessi; esistono piuttosto delle linee guida che ci possono orientare nelle decisioni da prendere e sulle strategie da sperimentare.
Una buona preparazione non può prescindere da un passaggio fondamentale: cercare di comprendere il vissuto e i bisogni della persona affetta da demenza.
Come sottolinea Kitwood (2015) “i bisogni sono più ovvi nelle persone con demenza, che sono di gran lunga più vulnerabili e generalmente meno capaci di assumere iniziative che potrebbero portare al loro soddisfacimento”; i bisogni di attaccamento, di conforto, di inclusione, di essere occupati, di possedere un’identità, sono considerati da Kitwood come i principali bisogni psicologici delle persone con demenza. Comprendere tali bisogni è anche ciò che consente di mettere in atto risposte adeguate e di gestire al meglio i problemi connessi con il declino cognitivo e i conseguenti disturbi del comportamento. Quando si parla di disturbi del comportamento si intende un’ampia gamma di sintomi: aggressività, tendenza a muoversi e a ripetere le stesse azioni senza uno scopo preciso (affaccendamento), allucinazioni, deliri, apatia. Le strategie che generalmente vengono suggerite per gestire tali disturbi si rifanno principalmente a due modalità: rassicurare e distrarre i pazienti orientandoli gradualmente verso altri stimoli. Se consideriamo ad esempio l’aggressività, ossia uno dei problemi di più difficile gestione, è importante cercare di capire da cosa può essere generata, ossia ciò che può aver scatenato un comportamento aggressivo. Teniamo inoltre presente che l’aggressività è generalmente la risposta del paziente ad una situazione che viene percepita come pericolosa o minacciosa; la compromissione delle funzioni cognitive può portare il paziente ad interpretare erroneamente certe situazioni oppure a sentirsi in pericolo anche quando, di fatto, non lo è realmente. Alcune delle cause più frequenti dei comportamenti aggressivi sono: dover pensare a più cose contemporaneamente, cercare di fare cose che non si è in grado di fare, essere assistiti da una persona frettolosa o nervosa, non voler apparire inadeguati o incapaci, essere stanchi o sentirsi male, non riuscire a farsi capire, non capire quello che si deve fare oppure quello che si è visto o sentito, sentirsi trattati come dei bambini. Per gestire al meglio le reazioni aggressive dei pazienti occorre mantenere un atteggiamento calmo e rassicurante, evitare atteggiamenti di sfida o provocazione, osservare ciò che può aver scatenato tali reazioni e talvolta può essere utile ricorrere alla strategia della distrazione (ad esempio durante le manovre necessarie per l’assistenza). Infine, occorre tenere ben presente che l’aggressività non è mai intenzionale ma rappresenta l’espressione di un disagio.
Di fronte a certi disturbi del comportamento, come ad esempio le allucinazioni (quando il paziente vede o sente cose che non esistono), è importante offrire rassicurazione al paziente soprattutto attraverso il canale non verbale della comunicazione (espressioni del viso, sguardo, gesti, tono della voce); in questi casi inoltre, è molto utile evitare di smentire il paziente e magari distrarlo orientando gradualmente la sua attenzione verso qualcos’altro.
Sicuramente, nella gestione del paziente con demenza, un altro problema che si pone, soprattutto nelle fasi intermedie della patologia, è quello del come mantenere impegnato il paziente. Infatti, i disturbi del comportamento insorgono, generalmente, quando il paziente non è occupato nello svolgimento di attività significative. E’ altrettanto vero che, spesso, individuare attività che possano coinvolgere e attrarre i pazienti può risultare difficoltoso. Per farlo può essere utile ricordare la storia occupazionale delle persone, ossia tutte le varie attività a cui si è dedicata la persona nel corso della propria vita (attività lavorativa, hobbies, divertimenti, interessi, sport, ecc.).
Infine, è importante sottolineare che la cura e l’assistenza delle persone con demenza “non è qualcosa che si fa a una persona imprigionata in un ruolo passivo, ma è un processo in cui vengono coinvolte anche la sua iniziativa e le sue capacità” (Kitwood, 2015). Prendere in considerazione le preferenze, i deisideri, i bisogni ma anche le ansie e le insicurezze che spesso pervadono la vita delle persone con demenza consente di offrire loro un qualche grado di controllo sull’assistenza che ricevono e di fornire risposte più efficaci.
Per terminare, ricordo a tutti la possibilità di condividere esperienze, problemi e informazioni all’interno di questo spazio del nuovo sito.
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